Come scrivere correttamente un dialogo
“Non fare domande, e non ti verranno dette bugie”.
(Charles Dickens, Grandi speranze, 1861)
Una delle domande più frequenti delle allieve e degli allievi dei corsi è: “Ho scritto bene il dialogo?”
Oppure: “Si capisce?”
E infine: “Che virgolette devo usare per il dialogo?”
Oggi ho pensato proprio di rispondere a questa annosa questione, per niente semplice: pensa che le domande relative a come si “gestiscono” i dialoghi sono le più spinose tra gli aspiranti editor che vengono a lezione da me. Addirittura tra editori ci consultiamo spesso su questi temi.
Non affannarti a cercare la risposta esatta e univoca: in realtà queste scelte sono, almeno per la prima parte (la scelta della mediazione grafica), questione di “gusti”.
Ovvero: il tipo di virgolette per i discorsi diretti o per le frasi riportate è una scelta solo tua! Riporto di seguito uno schema utile dei possibili segni di interpunzione che puoi usare.
I TIPI DI VIRGOLETTE E ALTRI SEGNI SPECIALI DEI DIALOGHI
«» sergenti, o caporali, o virgolette italiane (li trovate nel menù orizzontale di Word. Accanto alla linguetta ‘Home’, c’è la linguetta ‘Inserisci’. Cercate ‘Simboli’ e lì trovate i sergenti). Oppure la scorciatoia: Alt+0181 e Alt+0187
‘Ciao’ virgolette inglesi semplici ( o apici)
“Ciao” virgolette inglesi doppie
– Ciao! trattino
La scelta del segno è soggettiva, è vero, ma poiché dovremo mantenerla con coerenza fino alla fine del testo, dobbiamo compierla con attenzione: ad esempio, talvolta i trattini si usano anche per gli incisi e può nascere confusione nella lettura. Inoltre il trattino ha un criterio a sé di utilizzo che lo distingue dagli altri segni, perché non si chiude. In altre parole, lo uso soltanto in apertura del discorso diretto (come riportato sopra).
Bisogna inoltre fare la scelta sapendo prevedere cosa può accadere nel testo: consideriamo la possibilità del dialogo nel dialogo (ad esempio: Tizio parla riportando il discorso di Caio), quindi per rendere comprensibile questa gerarchia di virgolette può essere utile stabilire una sequenza.
Esempio
Aurora si rivolse all’amica: «Sai, il fioraio mi ha detto: ‘Una giornata così non si vedeva da tempo!’»
Infine: gli “a capo”
Quando mettere a capo le battute nel dialogo? Anche qui esistono mille risposte che nel tempo sono state utilizzate in editoria. Personalmente, ho fatto una scelta semplice di leggibilità: il nostro obiettivo è far comprendere il messaggio a chi legge.
Perciò procederemo “di seguito” quando parla sempre lo stesso soggetto, mentre manderò a capo quando cambia il soggetto che parla. Eviterei di mettere sempre a capo anche quando parla la stessa persona, perché crea confusione in chi legge (ovvero: devo rileggere il discorso più volte per capire chi sta parlando, cosa assai fastidiosa) e, dal punto di vista grafico, allunga molto l’impaginato, in modo inutile.
Riporto un esempio mostrando come sia più semplice seguire un dialogo a due calibrando gli a capo con questo criterio appena spiegato.
Esempio:
Marco aprì la porta. Entrò nella stanza e disse: “Buongiorno!”
“Buongiorno a te” rispose Gianni.
“Hai dormito bene?”
“Non male” confermò Gianni.

Naturalmente l’argomento è molto vasto e ci saranno tante domande in più che vorresti porre. Ti consiglio di scaricare la nostra lezione omaggio e di consultare la dispensa gratuita che puoi scaricare dal nostro sito per fissare meglio alcuni punti.
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