Fucine di cultura e fucine sociali
“Vorrei che le donne avessero potere non sugli uomini, ma su loro stesse”
(Mary Wollstonecraft, Rivendicazione dei diritti della donna, 1792)
Il fermento culturale tra Seicento e Settecento
Spesso sentiamo dire che la storia delle donne è una storia complicata, caratterizzata da un’alternanza continua di bassi – molti – e alti.
Mai cosa fu più vera.
Vittime di una cultura del tutto maschile, una cultura che le voleva silenziose, obbedienti e remissive, le donne hanno vissuto per secoli in una condizione di totale dipendenza dall’uomo.
Venivano considerate inferiori per natura, e per questo motivo incapaci di dedicarsi alla scienza o alle arti, incapaci di avere un pensiero proprio, soprattutto su temi scottanti come la politica, o di definire la loro stessa esistenza. Era, infatti, l’uomo al loro fianco – il padre, il marito, il fratello – a determinare chi fossero o chi potessero diventare.
“Una donna è figlia, sorella, moglie e madre, una semplice appendice della razza umana”, scrive Richard Steele, saggista inglese, nel 1700. Una frase che credo tratteggi perfettamente il pensiero a lungo dominante.
Nonostante ciò, il Settecento rappresentò un primo importante momento di cambiamento. L’Illuminismo portò in tutta l’Europa, ma soprattutto in Francia, nuove idee rivoluzionarie, criticando le disuguaglianze e le regole tradizionali. Idee che in un certo senso, pur con molte contraddizioni, permisero alle donne di compiere un piccolo passo verso una maggiore emancipazione.
Partendo dalle molte domande poste dalle allieve e dagli allievi del gruppo di lettura, dunque, ho pensato di dare spazio in quest’articolo a uno degli ambienti settecenteschi più legati al mondo femminile: il salotto letterario.
Che cosa sono i salotti letterari?
Fu proprio nella Francia del Seicento e del Settecento che si sviluppò la moda dei salotti letterari.
Si trattava di incontri organizzati dai membri dell’alta borghesia o dell’aristocrazia più riformista. Essi invitavano nelle loro case i personaggi più noti dell’epoca, intellettuali soprattutto, per discutere di temi d’attualità o di qualsiasi altro argomento caro all’anfitrione. Spesso capitava addirittura che si leggessero libri considerati eretici, vietati dalla monarchia per le idee sovversive che contenevano.
In questi ambienti, un ruolo di spicco ebbero proprio le donne, le salonnièries(salottiere).
I salotti erano spesso tenuti da donne che appartenevano alle classi più agiate. Questo perché possedere o frequentare un salotto costituiva in un certo senso una forma di emancipazione: il nuovo ideale illuminista, infatti, permetteva alle donne di collaborare in questi ambienti con gli uomini ai progetti di riforma e di mostrare le loro capacità intellettuali, tanto a lungo sottovalutate. Una vera e propria reazione al concetto di donna passiva, obbligata a scegliere tra un matrimonio e il convento.
Molte di queste donne furono scrittrici, filosofe e autrici intellettuali di romanzi (non era strano, infatti, che le loro opere fossero attribuite agli uomini che le sviluppavano).
Tra le salottiere più note ricordiamo Madame de Rambouillet, ideatrice del primo salotto letterario nel Seicento, Madame De La Fayette, Madeleine de Scudéry e le Preziose.

Alcune salottiere
Madeleine de Scudéry (soprannominata Saffo) fu frequentatrice de l’hôtel de Rambouillet e aprì poi nel 1652 un proprio salotto.
Fu in questi due ambienti che nacque il movimento del Preziosismo, di cui fu una delle principali esponenti. Il Preziosismo univa alle riforme letterarie una reazione contro la condizione di passività della donna e una ricerca di autonomia e individualità nella vita e nella letteratura. Il romanzo diventava così uno strumento di ribellione, un modo per esprimere un disagio condiviso.
La stessa Madeleine fu autrice di molti romanzi, benché spesso la loro paternità sia stata poi attribuita al fratello. Proprio all’eroina di una delle sue opere ella fece esprimere giudizi crudeli contro il matrimonio. D’altra parte, la stessa Madeleine rimase nubile per tutta la vita.
Anche Madame de la Fayette fu una scrittrice, ma il suo titolo di contessa la obbligò a ideare uno pseudonimo per i suoi romanzi, poiché era giudicato sconveniente per una donna del suo rango praticare l’arte della scrittura. La sua opera più importante fu La principessa di Clèves (1678), considerato da molti un capolavoro, il capostipite dei moderni romanzi psicologici francesi.
Il suo successo fu enorme, soprattutto nei salotti delle Preziose. Lei stessa ne condivideva gli ideali: osservando il suo romanzo, infatti, la scelta finale della protagonista di rifiutare il matrimonio con l’amante è evidentemente dovuto all’influenza del pensiero della Scudéry.